mercoledì 31 agosto 2011

Soddisfazioni...

La mia illustrazione per Grazia.it è stata in homepage e poi è finita qui.. sul cartaceo di Grazia.


I love it.Spray Magazine inserisce una mia illustrazione tra le cose che ama

Acne Studios & Daniel Silver capsule collection

Acne Studios presenta la nuova capsule collection in collaborazione con l'artista israeliano Daniel Silver. Nelle sue opere mixa tutti gli elementi della tradizione scultorea occidentale e africana. Colori sgargianti e stampe con fantasie vivaci, sono il trait d'union tra Acne Studios e Daniel Silver per i pezzi di questa mini collezione  per la stagione invernale 2011:  gonne ampie e giacche lunghe o corte e gli immancabili skinny trousers. La collezione prevede circa 60 pezzi dedicati all'uomo, alla donna compresi di accessori e scarpe.


Acne Studios & Daniel Silver


Capsule Collection f/w 2011

giovedì 11 agosto 2011

The History of Fashion - la nuova rubrica del blog.

Da oggi nasce una nuova rubrica che inserirò in una nuova pagina all'interno del blog. Dato che i miei studi mi hanno portata a studiare la storia della moda e del costume, non tralasciando nessun aspetto valoriale dei dettagli della moda nel tempo. Dunque, apro ufficialmente la rubrica '' The History of Fashion'' in cui vi parlerò, non proprio brevemente come accade nei post di routine sui trend, di interessanti curiosità nella storia della moda. Se siete curiosi di saperne di più..leggete intanto questo articolo. L'appuntamento con The History of Fashion è di una volta a settimana sul mio blog. Stay tuned!

 

Dal gioiello al bijou

Per molto tempo il gioiello è stato essenzialmente una sostanza minerale: diamante o metallo, pietra preziosa od oro, la sua origine era la profondità della terra. Proprio a causa della sua origine e al suo percorso di realizzazione particolarmente costoso, era considerato comunemente come un oggetto infernale. L’immaginazione mitica dell’uomo associava quest’oggetto a quelle caverne sotterranee che nascondevano morti, tesori e colpe. Estratto dall’inferno, il gioiello ne diviene il simbolo per eccellenza e ne assume il carattere fondamentale: l’inumanità. I gioielli, inizialmente, erano in gran parte costruiti da pietre, e la pietra rappresentava l’oggetto inanimato che al tatto mostrava come peculiarità, la durezza; per cui la pietra non era né vita né morte, era immobilità infinita e quindi imperturbabile. Per secoli o forse millenni, il gioiello ha tratto dalla propria origine minerale questo potere simbolico: espressione di un ordine inflessibile come quello delle cose.L’immaginazione poetica dell’uomo ha poi riconosciuto nel diamante, la quintessenza della pietra, attribuendogli caratteristiche che andavano aldilà del tempo. La sua limpidezza era l’immagine morale della virtù più intensa: la purezza. Il diamante era considerato il figlio sterile della terra profonda, incapace di trasformarsi in marciume, in germe. La purezza, infatti, è vita ma anche infecondità e ciononostante seduce, perché il diamante, seppur duro, brilla. In questo modo fu inserito in un nuovo tema poetico in cui acquisiva connotati importanti; era contemporaneamente una sostanza fredda ma anche ignea, ghiaccio e fuoco si erano uniti per creare una pietra che rappresentava simbolicamente la bellezza.E quale simbolo migliore per rappresentare la vanità e la seduzione, se non il diamante? Per il suo fuoco per la sua freddezza, il diamante rappresentava l’opposizione tra il mondo e la solitudine, quell’ordine tanto temuto ma che tanto affascinava e che tanti hanno condannato nel tempo. Per secoli, anche l’oro con cui si realizzavano i gioielli presentava aspetti simbolici poco rassicuranti, essendo però una sostanza più intellettuale che simbolica, affascinava realtà fondate sulle merci, perdendo così d’immaginazione poetica.


 

L’oro era il segno per eccellenza, dotato di tutti i poteri e quindi di valore assoluto. Esso poteva convertire tutto nel suo contrario: avvilire e glorificare. Il gioiello ha risentito a lungo di questo potere dell’oro e infatti lo si indossava con l’idea di un potere enorme, a cui basta essere visto per essere dimostrato. Il gioiello per lungo tempo è stato un segno di forte potenza, di virilità e solo di recente, sommariamente, gli uomini hanno smesso di portare gioielli. L’uomo ha delegato alla donna l’esposizione della propria ricchezza perché la donna testimonia la potenza del marito; ma la motivazione di base è stata celermente travolta da nuovi significati simbolici che hanno raccontato di una donna che si perde nel possedere un gioiello e di un uomo che si da alla donna poiché divenuta essa stessa pietra preziosa e dura.


Marlene Dietrich


 

Ricorderete tutti Marylin Monroe in ''Diamonds Are A Girl's Best Friends", circondata da uomini che, travolti dalla bellezza della diva, la quale indossa gioielli luccicanti e particolarmente vistosi, continuano a proporle gioielli nell'intento di conquistarle il cuore. Oggi il tema della donna fatale sembra non essere del tutto scomparso, ma la mitologia attorno al gioiello è declinata da tempo. Il gioiello assume valore storico e si tramuta in bijou. Se il gioiello esprimeva la natura teologica della società antica, allo stesso modo il bijou di oggi potrebbe essere considerato un gioiello laicizzato poiché spogliato di valori poetici assume nuovi valori e simbologie che sono della nostra società. Essi, anzitutto non sono fatti solo di pietre e metallo ma di qualsiasi materiale, dal legno, al vetro al tessuto etc. Il loro prezzo non è, per così dire, disumano e spesso imitano materiali preziosi come oro o perle. L’imitazione è la caratteristica centrale della civiltà capitalista, essa, però non inganna, mira a mantenere le qualità estetiche del materiale che si presta ad imitare. Il bijou altro non è che la democratizzazione del lusso; finché la ricchezza regolava la rarità del gioiello questo aveva valore solo in base al prezzo, nella nostra società quando un oggetto diviene alla portata di tutti si inserisce in un nuovo aspetto di valutazione che è quello del gusto. Per quanto poco costi, il bijou deve essere sottoposto a quel valore funzionale che è lo stile poiché esso fa parte di un insieme. Il bijou diviene il dettaglio, non perché è prezioso in sé ma perché concorre a rendere speciale in maniera definitiva, qualsiasi look.

 



Il bijou ( 2011) realizzato da MIU MIU

martedì 9 agosto 2011

Wawe-o T shirt: lo slogan curioso del brand.



Questa è la home di Wawe-o T shirt, il brand di due architette milanesi, Onda e Cicci, che si sentono troppo sexy per disegnare solo T shirt. Il loro brand nasce dall'idea di dare voce femminile ad un capo essenzialmente unisex. <<Wave-o è una voce femminile, un pensiero, un’idea estemporanea espressa in prima persona, che si stampa su una maglietta, nell’intento di divulgare un messaggio, un “pamphlet”, che saranno le donne ad indossare e a portare con sé.>> 

Sul sito si possono acquistare le T shirt per donna e bambino e i materiali utilizzati sono tutti organici e naturali con tanto di certificato di garanzia. Due sono le tipologie che potete scegliere: linea biodegradabile ( cotone organico e tessuti derivati dalle proteine del latte) e la linea di cotone e viscosa, la biodegradata. L'ironia è sicuramente la caratteristica fondamentale di questo brand, basti guardare le nuove collezioni autunno-inverno: fashion victim, favola punk, plastic chic ed Everyday collection.


Linea donna




Linea bambino


sabato 6 agosto 2011

CO|TE A/I 2011-2012 : i nuovi capi spalla.

Dunque, diciamo subito che se non conoscete questo eccezionale brand super giovane, vi siete persi moltissimo! Loro sono Tomaso Anfossi e Francesco Ferrari, hanno poco più di vent'anni, ex studenti Marangoni, e con la collezione per l’a/i 2011-2012 sono alla seconda stagione. La loro linea Co|Te è una grande esempio di raffinatezza ed originalità. Di seguito l'intervista di Stefano Guerrini a Tommaso e Francesco.


[vimeo http://vimeo.com/24071486]


da webeliveinstyle.it



Per l’autunno-inverno 2011/2012 CO|TE crea cappotti e giacche multistrati di cashmere e pelliccia. Le linee sono allungate e le ritroviamo anche nei pantaloni, presenti in 4 forme, dal modello slim al modello palazzo. Gonne con fodera in tulle e camicie in popeline, giacche in pelle di vitello. Le pettorine in pelle  sono già un must have dell'autunno inverno Co|Te.










http://www.co-te.com/

venerdì 5 agosto 2011

Trend Books: '' Voglio scrivere per Vanity Fair'' di Emma Travet

Chi di voi ancora non ha letto '' Voglio scrivere per Vanity Fair'' di Emma Travet?... Io l'ho letto e vi consiglio di acquistarlo subito! Perchè? Una trama divertente e non banale, una scrittura sicura ed avvincente, un personaggio che assomiglia ad ognuno di noi e in cui sarà molto facile immedesimarsi. Infatti non è stato difficile divorare questo entusiasmante romanzo! Emma Travet in realtà si chiama Erica Vagliengo, è una giovane giornalista di origini piemontesi, per la precisione, torinese, adora la sua città ed il suo lavoro. Il suo progetto editoriale è un innovativo esempio di self marketing legato al romanzo, che ha come protagonista l’alter ego della scrittrice, ed è supportato da una serie di partecipazioni a mostre, eventi vari e interviste in radio e tv.  Le avventure di Madamin Travet  proseguono sul blog emmatvanity.style.it, diventato ormai un  seguitissimo fenomeno sul web  (e non solo).


Io l'ho intervistata per voi...ed ecco qua.

Chi è Erica Vagliengo? Ma, soprattutto, chi è Emma Travet?

In sei righe…sono una giornalista pubblicista, capo redattrice del mensile free press Lookout magazine, collaboro  anche con Oggi7 (il settimanale di Americaoggi).  Adoro lasciare tracce su internet, la torta Zurigo, collezionare borsette (meglio se trovate nei mercatini delle pulci), l'arte contemporanea, New York, il caffé macchiato (rigorosamente italiano). Da piccola mi sentivo un mix tra Mary Poppins e Virginia Woolf, cosicché da grande, nel 2007, ho scritto un romanzo con lo pseudonimo di Emma Travet, diventata molto più famosa di me, perché vista quasi come un’eroina contemporanea, in quanto (giornalista) precaria sì, ma con stile.

Domanda d'obbligo (anche se probabilmente te l'avranno già fatta diverse volte): come è nato, dentro e fuori di te il progetto di un libro che raccontasse di una precaria?

Semplicemente perché sentivo di dover narrare la storia di una ragazza di oggi, come ce ne sono tante, tra i 20 ed i 35 anni, spesso in balia della precarietà lavorativa- che si riflette, inevitabilmente anche sugli affetti- che, però, non si perdono d’animo e cercano di vivere con stile (cioè con dignità), ingegnandosi per regalarsi ogni giorno una piccola gioia quotidiana (dall’abito vintage pagato 5 euro al mercatino, alla colazione nel bar storico, passando per l’acquisto di un libro, adocchiato per caso in libreria), consapevoli di come la pensione bassa che prenderanno in futuro, non potrà permettere loro alcun lusso.

Erica il tuo percorso alla ricerca di un editore, è partito ancora prima che terminassi di scrivere il romanzo.
Prevenzione per mancanza di fiducia ( probabilmente lecita!) nell'editoria italiana?


Prevenzione sì, parecchia, ma anche voglia di sperimentare strade nuove, di provare a lanciare un romanzo, non ancora scritto, trattandolo come un prodotto da promuovere su internet (che fornisce feed back molto più veloci rispetto alla strada tradizionale).

Hai utilizzato la piattaforma di Myspace per promuovere il tuo talento di scrittrice, consigli di fare lo stesso a chi ha intenzione di farsi conoscere nel mondo dell'editoria? Quanto è importante autopromuoversi sul web per avere possibilità nella realtà lavorativa italiana soprattutto?

Consiglio di seguire la strada classica- da quella non si può prescindere, ricordiamoci che siamo pur sempre in Italia…- ma, in parallelo, di portare avanti un sentiero sul web. Purtroppo qui, occorre faticare dieci volte tanto per avere QUALCHE risultato. Figuriamoci nel bizzarro mondo dell’editoria! Quindi largo alle idee creative, alle sperimentazioni ed alla ricerca di strade nuove su internet.

I personaggi del romanzo sono alter ego di persone reali?

Alcuni sì, altri no.

Domanda fatidica...come mai Emma Travet vuole scrivere proprio per Vanity Fair? E' il desiderio di Erica Vagliengo o di Emma Travet?

Perché è, a suo parere, la rivista più completa, attuale, preparata ed interessante nel panorama editoriale italiano. E, se non erro, la più letta. Sì, è un desiderio comune.

L'originalità del libro sta proprio nel modo in cui la protagonista affronta il problema del precariato. Infatti Emma Travet è piena di inventiva, non si blocca davanti all’instabilità lavorativa ed economica e riesce a portare avanti i suoi obbiettivi senza perdere di vista le sue passioni: gli amici, il vintage, i viaggi, i libri. Essere '' precari con stile'', è il consiglio di Erica Vagliengo, veicolato dal personaggio di Emma T., per chi cerca di sopravvivere al mondo del precariato?

Esatto, centrato in pieno, Gioia!

Non hai iniziato ( per ora! Ma te lo auguro!) a scrivere per Vanity Fair ma Silvia Nucini, giornalista di Vanity Fair, ti ha dedicato un trafiletto pungente. Infatti scrive che questo libro dovrebbe leggerlo il ministro Brunetta per rivedere la sua teoria sui bamboccioni. Non potrei essere più d'accordo. Insomma, Emma Travet ha tutte le carte in regola per diventare un vero e proprio modello per i precari. Stai già pensando ad un seguito del romanzo?

Meglio non diventare un modello, perché si tende a deludere le aspettative della gente. Io ho raccontato le vicende di una ragazza precaria, diverse coetanee, dopo averla letta,  si sono immedesimate nella protagonista, e mi hanno scritto e-mail che portano a riflessioni profonde sul sistema Italia. Alcune le ho pubblicate sul mio sito www.emmatravet.it . Al momento sto lavorando al seguito e partecipando a dibattiti sulla precarietà, ad eventi vari (ex. il Fashion Camp a Milano) e alle presentazioni del libro. Nel frattempo ho pubblicato la versione american english del romanzo (tradotto da Rossella Frigerio) su Amazon.com, come da consiglio del giornalista Maurizio Molinari, incontrato a New York, l’anno scorso. E poi, vi lascio con un’anticipazione: a breve ci sarà un grande cambiamento relativo al mio blog…curiosi di sapere di che si tratta? Continuate a seguirmi e lo scoprirete presto!

Ho avuto il piacere di ricevere da Erica l'originale progetto grafico e di merchandising ispirato agli accessori che la protagonista cerca, acquista, e indossa, facendoli diventare parte attiva delle sue avventure! Un’intera collezione di spille, specchietti da borsetta, burrocacao, portachiavi, venduti, in passato, direttamente sul web. Gli adesivi (o sticker) di Emma Travet, invece, sono stati fotografati dai suoi fan nei luoghi più impensati del pianeta per poi essere pubblicati periodicamente su facebook.

Insomma..se volete leggere un romanzo originale, ''Voglio scrivere per Vanity Fair'' vi piacerà di sicuro!



Ph Gavin Spencer


CONTACT:

e-mail emmat_vanity@hotmail.com

face book: emma travet

www.myspace.com/emmatvanity

friend feed.com/emmatvanity

www.emmatravet.it

PER ACQUISTARE IL SUO LIBRO:

nella versione italiana: www.memori.it/schede/vanity.html

nella versione american-english (a soli 3,44 dollari!) su Amazon.com

I SUOI PROSSIMI IMPEGNI:

6 settembre: presentazione del romanzo alla biblioteca di Volta Mantovana

15 settembre: moderatrice dell'incontro - organizzato da CNA giovani imprenditori - con Giampaolo Colletti (wwworkers) alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino)

23 settembre: Milano Fashion Week

18 ottobre: partecipazione al dibattito "Tutti giù per terra", sul mondo dei precari, al Circolo dei Lettori (Torino)

novembre: Fashion Party

I ricami dell'India per Prada.

Ormai capita spesso di notare '' Made in India'' nelle etichette, anche Prada, come altre affermate griffe ( e non solo ), si è fatta conquistare dalle raffinate decorazioni indiane. Sto parlando dell'abito firmato Prada “Made in India” completamente realizzato a mano in laboratori indiani specializzati nel ricamo Chikan, la tecnica più antica e raffinata tra i ricami indiani. La bellezza di questo abito sta nei motivi floreali applicati su tessuti leggeri con delicato filo di cotone. Le star del red carpet già ne vanno pazze. Très chic!